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  • Immagine del redattoreLeila Awad

Diario di bordo, giorno 2

12 settembre 2021.


"Quando ti passa la fissa della Formula 1?" Sembra una frase apparentemente innocua, vero? Una battuta, qualcosa per cui sorridere e passare oltre. Il punto, beh, è che non era quello.

Era l'ennesimo commento che si inserisce nel lungo elenco di "quando cresci?", "quando cambi?", a cui io aggiungerei "quando smetti di emozionarti?", "quando smetti di sognare?".

Perché, siamo chiari, il sotteso è quello.


Sono cresciuta con quei commenti. Con paletti e paratie stagne e il costante promemoria che le uniche cose importanti nella vita siano lo studio/il lavoro e la famiglia.

Le passioni? Superflue. La scrittura? Distraente. Persino gli amici non sono poi così importanti.

E quando te lo senti ripetere costantemente, ti convinci che sia così. Che tu sia sbagliata, che ti emozioni per le cose sbagliate. Che se passi la giornata a leggere l'ultimo libro di Harry Potter, senza mangiare o bere e senza quasi neppure andare in bagno, c'è qualcosa che non va in te. Che se piangi davanti a una vittoria di Schumacher, sei sbagliata.

E se ti chiedono quando ti passerà una "fissa" chini il capo. Divisa tra quella voce che ti dice che devi cambiare e l'altra che vuole continuare a emozionarsi. Oggi son sbottata. Passando, naturalmente, per "quella che risponde sempre male", ma non mi è interessato. Perché non è una fissa. Lo sport non è una fissa, è una passione. Come la Storia, come il cinema. Come i libri. E non c'è alcuna ragione al mondo per chi debba passare.

Perché nella vita c'è più dell'eterna rotazione casa/lavoro. Ci deve essere di più. Voglio che ci sia di più.

E ho smesso di vergognarmi. Di chiedere scusa perché la "fissa" ho intenzione di tenermela ben stretta.

Mi fa felice, la mia fissa. Tutte le mie fisse.


E non è quello che conta alla fine?

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