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  • Immagine del redattoreLeila Awad

Inverno - quarto racconto di Natale

«Sento odore di neve.»

«Non nevica mai a Roma» replico, alzando gli occhi al cielo.

L’idea non sembra toccarla particolarmente, perché Chloe Bennett continua a camminare con i capelli biondi che si muovono a tempo con i passi e un sorriso a metà sulle labbra. Potrei rimanere ore a guardarla, proprio come rimasi a guardarla anni fa quando, giovanissima, mi venne presentata dai dipendenti del museo dedicato alla mia famiglia – i Campbell di Chicago, stilisti da generazioni – che avevano adottato quella timida creatura che veniva a cercare conforto tra quelle mura: la sua gentilezza, la sua bellezza, sono calamitanti, e la cosa assurda è che lei non ne ha minimamente contezza.

Forse, se qualcun altro mi avesse proposto questa trasferta romana, avrei rifiutato, ma a lei non so dire di no e così eccomi qui, per partecipare ad un evento di beneficienza organizzato da un’associazione di cui è madrina, che cerca di garantire un’istruzione superiore a ragazza provenienti da realtà difficili.

L’idea mi è sembrata folle e… magnifica. È una caccia al tesoro e un’asta: sei oggetti verranno nascosti in giro per Roma e dovranno essere trovati, per poi essere messi all’asta insieme a un settimo premio, una cena con Chloe in un ristorante romano.

Ci si può iscrivere ad uno solo degli eventi o a entrambi ed è inutile dire che ha avuto una risonanza incredibile.

Quindi eccoci, mentre cerchiamo il posto perfetto in cui nascondere un trofeo di polo vinto da non so chi giocando con i principi inglesi. Ovviamente tutto sarà strettamente sorvegliato ma le due guardie sono così discrete che quasi ci dimentichiamo di loro mentre passeggiamo lungo le strade del centro. Non c’è molta gente, è tardi e fa molto freddo e io vorrei tornare in hotel a bere cioccolata calda, ma Chloe ha insistito perché l’accompagnassi e, di nuovo, non è una persona a cui so dire di no.

«Eccoci» mi dice d’un tratto, fermandosi davanti a una piccola galleria d’arte; all’interno ci accoglie un signore anziano che ci mostra le sue creazioni, sono tutte ballerine immerse nella neve e le trovo meravigliose. Ci fermiamo un po’ a parlare con lui, ma il suo inglese è stentato e, in fondo, conosce già tutti i dettagli; alla fine Chloe si fa mettere da parte un quadro, salutiamo lui e la scorta e usciamo.

«Come l’hai trovata?»

«Ci sono mesi di ricerche dietro questo evento… lui mi è piaciuto subito e i suoi quadri sono bellissimi, spero che l’evento gli porti un po’ di notorietà.»

Ha lo sguardo nervoso, sembra quasi volersi scusare e io non capirò mai perché questa giovane donna, con un cuore enorme e una carriera in ascesa, si senta perennemente… mai abbastanza.

«Qual è il prossimo?» le chiedo per spezzare il clima improvvisamente serio. Ci stiamo avvicinando a quella che riconosco essere Campo de’ Fiori, la piazza dove hanno bruciato sul rogo Giordano Bruno e che oggi è piena di localini, oltre che mercato durante il giorno.

«Guarda» mi dice, invece di rispondere, indicando una porta in legno. «La locanda del Gallo, era di Vannozza Cattanei, l’amante di papa Borgia.»

«La madre di Cesare e Lucrezia?»

«Fra gli altri… sì. E qui» continua, prendendo una stradina, «c’è una cioccolateria.»

Forse mi ha letto nel pensiero. Sorrido e la seguo dentro, beandomi del caldo e dell’odore di cioccolata; è un ambiente intimo, quasi casalingo e, quando prendo il menù, mi accordo che tutte le cioccolate hanno nomi ispirati all’inverno.

«Prenderò questa, Pan di zenzero» esclamò. Chloe, invece, preferisce il suo solito chai latte.

«Qui lasceremo il tuo» mi spiega. Proprio in quel momento entrano due uomini della scorta con una scatola di legno, che affidano alla signora al bancone. Dentro c’è una stola creata in occasione dell’ultimo Met Gala e sfoggiata da Blake Lively: lei era talmente bella che le foto hanno fatto il giro del mondo in un attimo.

«Ricordi la nostra prima cioccolata?»

Chloe sorride. «Come potrei dimenticarla? Devo esserti sembrata ben strana.»

Sola, non strana, vorrei risponderle e, al tempo stesso, un’anima affine: gli abiti esposti la tranquillizzano, così come succede a me. Siamo due rovesci della stessa medaglia: stilista io, modella lei.

«Posso farti una domanda? In cambio ti svelerò un segreto della famiglia Campbell.»

«Vai» replica.

Quando l’ho conosciuta si era appena trasferita in America da Brygge, un piccolo regno europeo, seguendo la madre e lasciando dietro di sé, invece, il padre e il suo primo amore. Mi ha raccontato tutto di lei, perché quella Chloe adolescente non aveva ancora iniziato a costruire muri di mezze verità attorno a sé, ma il motivo che l’aveva spinta a lasciarsi tutto alle spalle, a prendere il cognome della madre e costruirsi una vita totalmente diversa rimane ancora un mistero.

«Cosa è successo con il tuo fratellastro?»

Ho due ragioni per chiederlo e nessuna include del gratuito pettegolezzo: la prima è che sospetto che, qualsiasi cosa sia successa, sia la chiave del suo sentirsi perennemente inadeguata, delle pessime relazioni con gli uomini. La seconda è che tra due anni Brygge, organizzerà una settimana della moda a cui io parteciperò e lei con me, perché per quel tempo sarà diventata la mia modella di punta. Il problema è che l’evento è top secret e io non posso dirle nulla.

Si adombra un po’, ma poi sospira, quasi rassegnata.

«È una storia piuttosto banale, sai? Un cacciatore di eredità e una fanciulla molto ingenua» mi spiega. «Helmut, dopo la morte del padre, ha ereditato null’altro che il titolo e molti debiti. Quando sua madre ha sposato mio padre, ha sperato di essere adottato per poter diventare il destinatario di quella fortuna ma poi la Costituzione è stata cambiata con effetto retroattivo, permettendo anche alle donne di ereditare e…»

«E tu sei diventata automaticamente l’erede di tuo padre, tagliandolo fuori» finisco io per lei, mentre sorseggia nervosa la sua bevanda.

«Esatto. Ero molto amica dei principi, questo lo sai. Quell’anno… loro erano lontani, chi per la leva, chi per studio, e mia madre aveva deciso di partire per l’America, lasciandosi Brygge, e un matrimonio disastroso, alle spalle. Voleva portarmi con sé, ma io non volevo abbandonare il mio mondo, le mie abitudini. Volevo di più, sentivo di volere di più, ma non ne avevo il coraggio. Ero sola e smarrita… ed è arrivato Helmut, a ricoprirmi di attenzioni, a farmi sentire speciale. Che sciocca. Avevo avuto accanto a me, fino a pochi mesi prima, un ragazzo che sarebbe stato il sogno di qualsiasi ragazza, ma…»

«Chloe, smettila di colpevolizzarti, ti prego. Ho sbagliato a chiedere, perdonami.»

«No. Voglio parlarne… in qualche mese ero convinta di essere innamorata di lui. Mi diceva che mio padre avrebbe approvato, che unire i nostri due patrimoni sarebbe stato l’ideale, eravamo segnati nelle stelle. Quante sciocchezze… Eppure ci credetti. Un giorno, sapevo che aveva organizzato una serata tra amici, erano tutti più grandi e non li avevo mai frequentati, ma avevo deciso di fargli una sorpresa. Sai quando Baby, in Dirty Dancing, si presenta con l’anguria? Io mi ritrovai sulla porta, con un dolce in mano, mentre loro bevevano, fumavano e giocavano a carte: Helmut aveva una ragazza sulle gambe e raccontava di come fosse stato facile raggirarmi, di come mi sciogliessi tra le sue braccia, e di come sarebbe stato divertente far sapere al principe, tornato dall’anno di leva, che il suo giocattolo era stato usato. Non era vero, naturalmente, ma mi sentii morire. Per me. Per lui, che non si meritava certe chiacchiere.»

«Ma si sono messi contro un principe…»

«Non è più come un tempo, David. Erano nobili viziati e annoiati, con più soldi di quanti ne avessero i rami minori della Corona. Mi sentii così umiliata, così in colpa… mi era crollato il mondo addosso e presi l’unica decisione che mi sembrò sensata: sparire. Mi son comportata da vigliacca, ma…»

«Eri giovane, una cosa del genere avrebbe ferito chiunque…»

Chloe sorride, di quei sorrisi mesti che mi spezzano il cuore. «Avrei voluto spiegare, dopo… ma sai quando entri in quei vicoli ciechi da cui non sai come uscirne e a un certo punto è troppo tardi? Ho lasciato che la vita mi trascinasse con sé. E, a conti fatti, non sarei chi sono oggi se non avessi preso quella strada.»

«È vero. E non sei più tornata…»

«No. Lo farò, prima o poi, ma non è ancora il momento.»

Due anni, Chloe. Sarai pronta fra due anni? Sarai pronta mai?

Posa la tazza, sorride. «Andiamo, abbiamo un ultimo oggetto da posizionare» conclude, poi salutiamo e siamo di nuovo in strada.


La mattina dopo, di buon’ora, tutti gli iscritti alla caccia al tesoro – personaggi dello spettacolo, influencer, socialite – sono pronti a partire, seguendo gli indizi consegnati da Chloe; sarà un modo per promuovere sia l’associazione, sia le piccole realtà a cui i beni sono stati dati da custodire.

Lei è raggiante, sembra aver perso tutta la malinconia di ieri sera.

«Sento odore di neve» mi dice, mentre osserviamo il gruppo sparpagliarsi.

«Davvero, Chloe, devi spiegarmi perché questa fissa con la neve. Sei l’unica persona che conosco che ama l’inverno.»

Respira a pieni polmoni, poi scoppia a ridere. «Sono cresciuta tra le neve, David» mi dice, prendendomi sotto braccio e avviandosi verso via dei Fori Imperiali; vicino a uno degli artisti di strada che la popolano costantemente, dietro la statua di Cesare, abbiamo nascosto il secondo oggetto, un casco messo in palio dal vincitore dell’ultimo mondiale di Formula 1, Nico De Santis. Vediamo alcuni partecipanti muoversi nei paraggi, ma li ignoriamo, perché per ora il nostro lavoro è finito.

«La neve è sempre stata custode dei momenti importanti della mia vita. Intendiamoci, mi piace il mare, il sole, camminare sulla sabbia con solo il costume addosso, ma la verità è che sulla neve con la tuta da sci addosso, mentre mi butto da un pendio con il vento in faccia, io mi sento totalmente, perfettamente libera. È per questo che, appena posso, scappo in montagna, anche se nessun posto è magico quando Brygge. Ti ci dovrò portare» conclude. «Ma tu mi hai promesso una storia, David Campbell.»

Annuisco. Siamo arrivati al Colosseo e faccio segno a Chloe di sedersi.

«Cosa ti ricordi delle origini della casa di moda?»

«Scherzi? Tutto! Amethyst Campbell, moglie di un imprenditore tessile e membro di spicco dell’élite cittadina, ha fondato l’atelier a fine 1800. Nel primo dopoguerra i figli, Christopher e Paul, hanno ritirato su le sorti della società e creato la casa di moda…»

Sorrido. «Esatto. Ti ricordi anche che Christopher partì per la guerra? La prima? Paul, invece, rimase a casa, a gestire la società che riforniva l’esercito. Chris partì con due amici dai tempi di Yale, Willard e Jimmy. Jimmy non tornò mai. Nel 1920 loro quattro e la vedova di Jimmy, Eglantine, sono venuti a Roma, di cui lui era innamorato, proprio a Natale, e hanno nascosto da queste parti una scatola con degli oggetti che lo commemoravano.»

Gli occhi di Chloe stanno brillando. «È una storia bellissima. Sarà ancora qui?» chiede guardandosi intorno.

«Sono passati novantacinque anni, ma mi piace pensare di sì.»

È come se si stesse chiudendo un cerchio: loro hanno nascosto qualcosa e anche noi e sì, il nostro motivo è più felice, l’umore più frivolo, ma la storia dei due fratelli Campbell ha sempre esercitato un fascino particolare su di me e non solo perché porto avanti il loro lavoro. Un altro secolo, un altro mondo.

Alle cinque del pomeriggio sono a piazza Navona, seduto vicino alla fontana dei Fiumi e guardo Chloe che ride mentre cavalca un bianco destriero su una giostra di Natale; si è creata una piccola folla, molti l’hanno riconosciuta, qualcuno semplicemente è stato attirato dalla sua presenza. Chloe è la regina della festa e so che il suo regno è appena iniziato. So anche che il viaggio a Brygge, fra due anni, sarà la sua consacrazione o la sua condanna, sotto ogni punto di vista.

«Mr. Campbell, tutti gli oggetti son stati trovati» mi dice uno del personale al servizio dell’evento. Annuisco e, mentre aspetto che il giro della giostra finisca, compro una mela glassata da una delle bancarelle, tra Befane e Babbi Natale che si fanno foto con i bambini.

C’è qualcosa di magico a Roma a Natale.


Quando entro nella sala riservata all’asta inchiodo sulla porta: è tutto bianco. I tavoli, le sedie, le tovaglie, le decorazioni, l’albero di Natale, il palco. A terra, qualcosa che non è neve ma gli somiglia molto. Sembra Ásgarðr, la dimora degli dei. Chloe, al centro, con un abito di impalpabile seta bianca, è assolutamente perfetta: voglio custodire questa immagine, perché dovrò darle vita prima o poi. Vicino all’albero riconosco il quadro che ha acquistato: c’è un castello immerso nella neve e una ballerina al suo ingresso, addormentata, e mi chiedo se in qualche modo non le abbia ricordato quella parte di sé, la Chloe di Brygge, che ha messo in pausa per tutto questo tempo… prima o poi andrà svegliata.

Una delle blogger che hanno partecipato alla caccia al tesoro le si avvicina, credo sia spagnola e dagli sguardi della mia amica sono sicuro la stia riempiendo di complimenti.

L’inverno viene spesso accostato al buio, alla morte, al freddo, ma quando guardo Chloe penso alla luce che si riflette sul biancore della neve, all’aria pulita, all’acqua di un ruscello che scorre limpida, alle anime belle.

Quando tutti ci siamo accomodati e la madrina sale sul palco per dare inizio all’asta, fuori dalla finestra ha iniziato a nevicare. Non attaccherà, ma sento che Chloe ha ragione: nulla di brutto può succedere sotto la neve.


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L'inverno per me, anche se vivo a Roma, profuma di neve e la neve è... Chloe.

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Grazie per avermi fatto compagnia negli ultimi 24 giorni. Buona Vigilia, buon Natale e che il nuovo anno porti finalmente serenità e buone notizie.

Con affetto e gratitudine,

Leila



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